Linee Politico Programmatiche – Davide Gariglio
Guarda la bio di Davide Gariglio
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Cambiare verso al PD per cambiare verso al Piemonte
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DOCUMENTO POLITICO ALLA BASE DELLA CANDIDATURA A SEGRETARIO REGIONALE DI DAVIDE GARIGLIO (scarica Pdf)
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“Chi sogna può muovere le montagne”
Herzog, Fitzcarraldo, 1982
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PREMESSA: PERCHE’ NUOVE PRIMARIE DEL PD?
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Dedicare oggi il nostro impegno alle primarie del PD, occuparci del PD, del suo essere e del suo agire, non significa occuparci di qualcosa altro rispetto ai problemi economici e sociali del nostro Paese. Significa creare un partito forte e con un chiaro progetto per il futuro, che sia capace di avviare e sostenere nel tempo la campagna di riforme di cui oggi ha bisogno la nostra comunità, la nostra Italia.
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Le primarie per la scelta del segretario nazionale dell’8 dicembre 2013 hanno dato un risultato netto: i 2.814.801 votanti hanno approvato, col 67,5% di voti, la linea politica proposta da Matteo Renzi. Nel nostro Piemonte i 165.000 votanti hanno scelto Renzi col 68,9% dei voti. Un risultato incontrovertibile, che non è solo la scelta di un leader, ma soprattutto la richiesta di un cambiamento radicale.
Ora la nostra responsabilità come dirigenti del PD è di non perdere questo mandato di fiducia che tanti cittadini ci hanno accordato. Oggi il PD ed il suo segretario nazionale detengono il monopolio della speranza.
A noi si rivolgono le speranze dei tanti italiani che guardano con paura a ciò che il Paese ha di fronte, e che solo nel futuro del nostro partito vedono ancora una possibilità di riscatto nazionale. Dobbiamo mettere a frutto questo capitale di credibilità che ci troviamo tra le mani, impegnandoci ciascuno nel proprio ambito in un’azione di profondo cambiamento del nostro partito e delle istituzioni.
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Alle primarie del 16 febbraio saremo chiamati a scegliere la persona del segretario regionale e a decidere strategie e progetti per rilanciare il PD piemontese, per offrire una credibile e forte proposta di governo capace di fare uscire la nostra Regione dall’attuale situazione di stallo.
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La candidatura a segretario regionale del PD piemontese di Davide Gariglio nasce in continuità con l’esperienza di sostegno alla proposta politica di Matteo Renzi.
Vogliamo realizzare in Piemonte il progetto di partito e la proposta politica che Matteo Renzi si vuole realizzare a livello nazionale.
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Le primarie del 16 febbraio saranno l’occasione per decidere come sarà il PD piemontese domani.
Crediamo in un confronto sereno e serio tra di noi, consapevoli che gli avversari non sono coloro che all’interno del PD hanno idee diverse dalle nostre, ma sono coloro con cui dovremo misurarci durante le prossime elezioni regionali.
Elezioni regionali che noi chiediamo che si possano svolgere il 25 maggio insieme alle europee e alle comunali, consentendo quindi di porre fine alla lunga agonia di questa Giunta, fallimentare e delegittimata, e facendo risparmiare ai piemontesi 43 milioni di euro, che proponiamo di utilizzare per finanziare i servizi sociali.
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Un PD plurale, con idee diverse che convivono al proprio interno, rappresenta un’opportunità. Plurali non significa divisi, se sapremo accettare il confronto interno, aderire al progetto che risulterà maggioritario e lavorare in unità nel partito per realizzarlo. Realizzare questo PD è possibile.
Discutere, misurarsi e lavorare insieme con fraternità è l’obiettivo da perseguire in un partito che vuole essere davvero popolare e democratico.
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NOI DOBBIAMO CAMBIARE IL PD
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“Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere”
Mahatma Gandhi
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Oltre le nostre vecchie squadre
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Dobbiamo superare la logica delle vecchie appartenenze, che ha per troppo tempo frenato il PD, e costruire una nuova identità democratica.
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Il PD deve porsi l’obiettivo di garantirsi il voto della popolazione di sinistra, ma al contempo deve saper rappresentare vasti settori della nostra comunità, conquistare consenso anche oltre i confini del proprio elettorato più tradizionale.
Significa “PD a vocazione maggioritaria”? Significa avere un partito che non disdegna alleanze, ma che gioca a tutto campo, che cerca di conquistare ampi strati di elettori sulla base di proposte chiare e innovative. Un PD che ritrova lo spirito costituente del progetto lanciato da Walter Veltroni al Lingotto il 27 giugno 2007.
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Dobbiamo, in altri termini, fare il contrario di quanto il PD ha fatto alle politiche del febbraio 2013: la logica dell’”usato sicuro”, il ritorno allo stesso tipo di coalizione, alla stessa impostazione programmatica, finanche allo stesso nome “alleanza dei progressisti” sconfitta da Berlusconi nel 1994.
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Il PD di Veltroni, nel 2008, conquistò 12 milioni di voti; nel 2013 siamo scesi a 8,6 milioni. Abbiamo perso più di un elettore su quattro .
Nella nostra Regione il PD è passato dai 885.000 voti alla Camera del 2008 ai 643.000 del 2013. Anche qui più di un elettore su quattro ci ha lasciato.
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Basta con il passato che soffoca il presente, occorre pensare a costruire il futuro, ADESSO.
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Giocare a tutto campo
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Oggi il nostro partito è il primo partito nella scelta di voto di pensionati e dipendenti pubblici; ma è solo il terzo nel voto degli operai, dei lavoratori autonomi e dei liberi professionisti. Questo deve farci riflettere: la lontananza che si registra tra PD e mondo operaio, che è ben antecedente alle vicende dei contratti FIAT, ci indica in particolare che la nostra volontà di rappresentare innanzi tutto i ceti più deboli non riesce a passare.
Le nostre politiche non sono più capaci di conquistare il consenso dei mondi che noi pensiamo di rappresentare.
Occorre prenderne atto e cambiare, capendo che il mondo economico è profondamente cambiato, che i lavoratori tutelati sindacalmente e normativamente sono ormai una minoranza, che le grandi fabbriche non ci sono quasi più, che ci sono aree di grande precarietà a cui dobbiamo guardare ed a cui dobbiamo essere capaci di dare risposte.
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Oggi non ci sono più stabili blocchi sociali, contrapposti tra loro, da rappresentare. La società italiana è fluida, in costante mutamento. Dobbiamo essere capaci di leggere queste dinamiche, per governarle.
Non cambia la missione della sinistra: combattere le disuguaglianze e tendere all’eguaglianza sostanziale di cui all’articolo 3, secondo comma, della Costituzione. Semplicemente devono cambiare le politiche con cui realizzare questo obiettivo.
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Matteo Renzi ha indicato che il luogo della sinistra è sulla frontiera. La nostra frontiera sono i nuovi problemi della nostra comunità, le sofferenze che guardano alla politica chiedendo aiuto, le necessità di regolamentare i nuovi diritti e doveri che si creano in una società in forte evoluzione.
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Chiamare i nostri tifosi
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Oggi disponiamo di un grande tesoro: l’Albo degli elettori del centrosinistra.
Tre milioni di persone, 165.000 solo in Piemonte, che sono venuti a votare alle primarie e hanno dichiarato di condividere i nostri valori.
Questo tesoro lo abbiamo messo in cassaforte e mai utilizzato.
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Ma perché non chiedere loro cosa pensano delle nostre scelte?
Perché non chiedere la loro disponibilità a partecipare attivamente al nostro lavoro su grandi temi?
Perché non avviare consultazioni on line sui nostri programmi?
Cambiamo verso alla logica dei caminetti: questo è il PD OPEN. Offriamo ai nostri elettori spazi di sovranità e, al tempo stesso, responsabilizziamoli nelle scelte.
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In questo modo torniamo allo Statuto del PD, che all’articolo 1 dispone:
“Il PD è partito federale costituito da elettori e iscritti. Il PD affida alla partecipazione di tutti i suoi elettori le decisioni fondamentali che riguardano l’indirizzo politico, l’elezione delle più importanti cariche interne, la scelta delle candidature per le principali cariche istituzionali”.
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La via era già stata tracciata. A noi oggi il compito di percorrerla. Così faremo capire che il PD non appartiene alla sua classe dirigente, ma ai suoi elettori.
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Affidiamo ad un team questa missione: aprire e tenere vivo il contatto con i 165.000 nostri elettori delle primarie, che devono diventare le nostre antenne e i nostri rappresentanti sul territorio, a fianco dei nostri circoli e dei nostri generosi militanti.
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Utilizziamo le nuove tecnologie per informatizzare i nostri circoli. Usiamo la rete per dare loro informazioni tempestive su tutto quello che facciamo nel partito e nelle istituzioni, per formare i militanti, per aggiornare gli amministratori. Condividiamo le nostre migliori pratiche. Creiamo supporti multimediali per esportare le nostre iniziative, i nostri convegni, i nostri approfondimenti tematici anche nei circoli più lontani. Creiamo degli spazi di incontro pubblico sul modello degli Innovation cafè, dove sia possibile ascoltare dibattiti, confrontarsi con figure professionali diverse, un luogo accogliente dove si crei un’identità comunitaria, aperta all’innovazione ed alla creatività.
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Le nostre sedi sono la vetrina del PD 2.0: dobbiamo ridefinirne il layout, creare una linea di comunicazione uniforme, cercare con i militanti di ampliarne gli orari di apertura, renderli un luogo in cui un normale cittadino possa entrare per chiedere quello che facciamo, per darci suggerimenti o anche solo per navigare in rete attraverso il wi-fi gratuito.
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Valorizzare i nostri talenti
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Diamo il debito riconoscimento ai nostri militanti: anche la campagna elettorale più innovativa e digitale degli ultimi anni, quella di Barack Obama, ha avuto la sua chiave di successo nelle migliaia di volontari che hanno bussato alle porte e hanno chiesto il voto ad uno ad uno.
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In questo modo creeremo un partito aperto, che si confronta con l’esterno, che supera il vizio dell’autoreferenzialità, che attiva le intelligenze migliori della società per costruire le proprie politiche e che magari offra loro anche prospettive di governo.
Un partito che getta ponti, non un reticolo di percorsi di carriere personali.
Un partito i cui dirigenti sappiano pensare al futuro del Paese, più che al proprio.
Un partito che smetta di dare lezioni alla gente e che sappia ascoltare le idee forti della nostra società.
Un partito capace di formare e selezionare personale politico, organizzando corsi di formazione, campus estivi e invernali, collaborando con gli atenei. Su questo il partito piemontese ha già fatto molto, ora la PD ACADEMY piemontese deve diventare l’eccellenza nazionale del PD.
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Costruiamo un partito in cui contino di più i sindaci e gli amministratori locali, anche se ogni giorno – sommersi dal loro lavoro – non riescono a seguire i nostri congressi o a presidiare le nostre sedi.
Il PD esprime migliaia di amministratori e sindaci: sono manager della loro comunità, ogni giorno capaci di fare miracoli. Gli amministatori locali sono i depositari delle speranze della propria comunità; utilizziamo al massimo questo patrimonio.
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Costruiamo un PD non solo di palazzo, ma anche di strada. Per risolvere i problemi occorre essere eletti ed entrare nei palazzi del potere, dove si decide. Ma non dobbiamo dimenticarci di stare in mezzo alla gente, nei mercati, fuori dalle fabbriche, nei corridoi degli ospedali, sui treni con i pendolari: per ascoltarli, per condividere i loro problemi, per spiegare quello che noi stiamo facendo dentro le istituzioni per migliorare la loro vita.
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Realizziamo un PD in equilibrio tra la provincia Torino, che rappresenta la metà del Piemonte, e le altre sette province, ciascuna delle quali ha una propria identità ed una propria particolarità. Dobbiamo garantire la rappresentanza di tutti questi territori, come è stato fatto bene nella scelta della delegazione parlamentare alle ultime politiche. Ogni comunità deve potersi sentire rappresentata e tutelata e ciò deve avvenire sia nella composizione degli organi decisionali del PD sia nella composizione dei gruppi consiliari, oltreché – ovviamente – nelle decisioni amministrative assunte dagli organi di governo.
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Abbiamo una grossa forza, di cui non dobbiamo dimenticarci: il PD piemontese ha eletto 34 parlamentari nelle sue liste (11 deputati nel Piemonte 1, 10 deputati nel Piemonte 2, e 13 senatori).
Sono tanti, hanno un significativo bagaglio di esperienze e di competenze, hanno passione, possono fare tanto per la nostra regione. Sta a noi chiamarli, valorizzarli, decidere con loro le battaglie da condurre. Divisi siamo irrilevanti, insieme siamo una forza.
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IL PD DEVE CAMBIARE LA NOSTRA REGIONE
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La Giunta regionale presieduta da Roberto Cota è stata un fallimento oltre ogni pessimistica previsione
Grazie al caparbio impegno di Mercedes Bresso sta finalmente giungendo a decisione definitiva la controversia sulle irregolarità elettorali che hanno inficiato il risultato delle elezioni del 2010.
Le vicende giudiziarie che toccano lo stesso presidente Cota danno poi un quadro tutt’altro che edificante delle nostre istituzioni.
Una Giunta fallimentare ed una maggioranza ormai delegittimata non sono utili al Piemonte.
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Una squadra solida e coesa
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Il PD deve prepararsi per il prossimo voto regionale, la sfida più importante che ci aspetta.
Per farlo serve un partito unito, capace di fare sintesi al proprio interno, organizzato e determinato.
La coesione deve essere il nostro tratto distintivo.
Coesione tra partito, gruppo consiliare, assessori e presidente della giunta, ciascuno con il proprio ruolo e la propria responsabilità.
Dobbiamo essere portatori anche di una forte novità, capaci di far emergere una nuova classe dirigente. Non si tratta di schierare in campo solo giovani donne e giovani uomini, ma di mandare in campo anche persone che finora non hanno potuto giocare, ma che hanno il talento, le idee, l’esperienza maturata in altri campi e che possono farci fare un salto di qualità.
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Un capitano trascinatore
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Serve un capitano trascinatore.
All’interno del PD, ma anche nella comunità piemontese, sta emergendo la candidatura di Sergio Chiamparino, che alla lunga esperienza unisce la caratteristica del sindaco che agisce, che innova, che sa stare tra la gente, che è capace di parlare a mondi anche al di fuori del centrosinistra.
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A fianco di un Presidente che interpreta il cambiamento, deve stare un PD che dia chiara impressione di altrettanta innovazione, che non riproponga le vecchie logiche dei caminetti o della federazione di correnti.
Un PD che deve avere un segretario garante di tutti, ma non guardiano degli equilibri di corrente.
Un PD che sappia superare i difetti del passato, le proprie logiche di divisione interna e che sappia spronare il governo regionale verso traguardi alti, mettendo a disposizione del nuovo Presidente le proprie risorse migliori: nessun manuale Cencelli, piuttosto sfidiamoci a proporre il meglio che il Piemonte può esprimere.
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Le primarie per la scelta dei candidati al vertice delle istituzioni sono elemento irrinunciabile del PD. Se dovessero essere avanzate autorevoli candidature alla presidenza da parte degli altri partiti della futura coalizione, il PD non si sottrarrà alla competizione, con la consapevolezza che al proprio interno la candidatura di Chiamparino raccoglie un consenso pressoché unanime.
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Per il prossimo appuntamento elettorale come PD dovremo mettere in campo i nostri valori, le nostre proposte, la nostra forza e la nostra determinazione per cambiare il Piemonte.
Spetterà a noi raccogliere e conferire forza al futuro Presidente e alla sua Giunta; spetterà a noi dare la nostra linea, ancorarli alle nostre priorità, pungolarli sulla realizzazione degli impegni che insieme prenderemo con gli elettori in campagna elettorale.
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Spetta a noi essere il perno di una coalizione capace di parlare a tutte le pluralità del Piemonte, capace di coinvolgere ampi segmenti del mondo economico, delle professioni, del volontariato.
Non si tratta solo di trovare candidati espressione della cosiddetta “società civile” da candidare nelle liste, ma di replicare un’alleanza sociale sul modello di quella che si creò a Torino nel 1993, quando partiti di centrosinistra e settori sociali significativi seppero costruire una coalizione che portò all’elezione di Valentino Castellani a sindaco, e che creò le premesse per il ventennio di governo del centrosinistra.
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Una strategia vincente
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Dobbiamo pianificare le nostre azioni:
1) decidiamo quali sono le strategie e gli obiettivi che ci diamo e qual è la tabella di marcia per realizzarli, con scadenze certe e pubbliche; la prima emergenza è la ripresa economica, il lavoro;
2) assumiamoci l’onere di costanti verifiche di coerenza tra singoli atti di governo ed i principi e gli obiettivi fondamentali del progetto, per correggere prontamente gli errori che dovessimo riscontrare.
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Dobbiamo ripensare il ruolo del Consiglio regionale: non è importante approvare molte leggi, per disciplinare anche le cose più minute. Le nostre leggi sono ormai “coriandoli nel carnevale del diritto” . Nella prossima legislatura dovremo:
– concentrarsi sull’adozione di poche leggi, fondamentali per realizzare il nostro programma di governo;
– procedere l’opera di abrogazione di leggi e di consolidazione del diritto vigente;
– realizzare uno schema generale nel quale inserire tutta la legislazione vigente, sul modello dello United States Code ;
– ricorrere in modo sistematico alla valutazione dei risultati delle nostre politiche: l’analisi di impatto della regolamentazione, prima di approvare una legge, e poi la valutazione di impatto della regolamentazione, per valutare se – e con quali costi – sono state raggiunte le finalità;
– realizzare una drastica sburocratizzazione e semplificazione delle procedure amministrative regionali, reingegnerizzando tutti i procedimenti amministrativi: basta con tutti questi pesi posti sulle spalle dei cittadini e delle imprese. Una politica forte deve saper avere ragione anche di spazi di resistenza burocratica,
– garantire la piena trasparenza di tutti gli atti dell’amministrazione, a partire da tutte le spese effettuate, dalla pubblicazione dei curricula di coloro che si candidano a cariche pubbliche (anche prima di essere stati scelti, non solo dopo aver ricevuto la nomina); rendere più conoscibili le procedure per la scelta dei managers della sanità; attuare pienamente l’anagrafe pubblica degli eletti.
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Cambiare insieme le regole del gioco
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Per fare tutto ciò che serve alla nostra Regione è preliminare cambiare le regole del gioco.
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Serve una nuova legge elettorale regionale, perché quella attuale non garantisce la governabilità.
Ci sono tante opzioni possibili di legge elettorale, ma la cosa irrinunciabile è che la coalizione che vince il giorno successivo abbia la maggioranza numerica in Consiglio regionale e possa governare. Vogliamo sopprimere il listino bloccato, che é una sorta di mini-Porcellum regionale, e vogliamo la doppia preferenza di genere, come introdotta per gli enti locali, o comunque – nel caso fossero introdotti collegi uninominali – vogliamo norme che garantiscano il perseguimento della parità di genere.
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Dobbiamo riformare il regolamento interno del Consiglio regionale, facendo un passo ulteriore – dopo quello fatto nella scorsa legislatura – per consentire al Consiglio di decidere, superando la logica dei ricatti e dell’ostruzionismo delle minoranze. Prendiamo esempio dai regolamenti parlamentari e, ancor più, dal regolamento del Parlamento europeo, che ha tempi stretti e pianificazione rigorosa delle attività.
Sarebbe auspicabile un patto preelettorale con le altre coalizioni, un impegno pubblico assunto da tutti i segretari dei principali partiti che anche chi sarà in minoranza nella prossima legislatura non ostacolerà il lavoro di riscrittura del regolamento interno: concordiamo fin d’ora su alcuni aggiustamenti, senza sapere chi se ne potrà domani avvantaggiare.
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Dobbiamo dare un carattere Costituente alla nuova legislatura:
L’annunciata riforma del Titolo V della Costituzione cambierà alcuni tratti delle Regioni che ora conosciamo. Dobbiamo anticipare questo disegno, riformando noi stessi la nostra Regione:
– concentriamoci sulle funzioni fondamentali della Regione, la legislazione e la programmazione;
– riportiamo in capo agli enti locali tutte le funzioni amministrative oggi esercitate impropriamente dalla Regione Non c’è nessun motivo perché la Regione eserciti alcune competenze amministrative, ad esempio la gestione dei contributi per l’impiantistica o la pratica sportiva; sono tutte attività che possono passare in capo agli enti locali. Non dobbiamo sostituire al centralismo statale un neocentralismo regionale:
– ripensiamo agli organismi di raccordo istituzionale tra Regione ed enti locali, a partire dal Consiglio delle autonomie locali, previsto dall’articolo 123 della Costituzione, che non hanno finora dato prova di buon funzionamento;
– ridisegniamo il sistema piemontese delle autonomie locali, partendo dal nuovo ruolo assunto dalle Province con l’imminente riforma legislativa, dall’istituzione dell’area metropolitana di Torino (con le conseguenti problematiche per i comuni al di fuori della seconda cintura), dalla costituzione delle nuove unioni dei piccoli comuni.
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Siamo impegnati in politica in un momento drammatico del nostro Paese.
La nostra comunità ha enormi necessità e, a fronte di esse, le risorse pubbliche sono di anno in anno minori. Non possiamo concentrarci solo sulla distribuzione di risorse, perché queste non bastano più. È indispensabile, in questo contesto, realizzare un’innovazione di sistema: perseguire nuove soluzioni organizzative, riorganizzare gli apparati e il loro funzionamento, attuare politiche di sussidiarietà, chiamando il terzo settore ad operare laddove la pubblica amministrazione, con le proprie risorse, non riesce più.
Dobbiamo essere impazienti di realizzare questa innovazione.
Dobbiamo saper osare: la crisi che viviamo ci mette con le spalle al muro. Non abbiamo più tempo: le riforme vanno fatte subito, ADESSO.
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Se faremo così trasmetteremo all’esterno la consapevolezza che la politica è la più importante delle attività umane.
Nenni raccontava dei due operai che, ai bordi una strada, spostavano cumuli di mattoni. Ad un passante che li interrogava su cosa stessero facendo, il primo rispose: “Accumulo mattoni”, il secondo rispose: “Sto costruendo una cattedrale”.
La differenza tra i due è nelle motivazioni: il primo impila pietre per guadagnarsi da vivere oggi, il secondo fa esattamente lo stesso, ma sa di costruire qualcosa di grande per il futuro. E questo conferisce un valore completamente diverso alla sua fatica.
Se noi riusciremo ad avere di noi stessi, della nostra fatica, la consapevolezza di concorrere a costruire qualcosa di grande, un futuro diverso per la nostra comunità, allora avremo la possibilità di recuperare quella dignità che la politica oggi ha perso nella nostra regione.
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LA REGIONE CHE CAMBIA IL PIEMONTE
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Il Piemonte è la regione dell’Italia settentrionale che più ha pagato il prezzo della crisi economica, come indicano i dati sul tasso di disoccupazione e sul PIL. Nonostante questo, il Piemonte ha le risorse e le capacità per rilanciarsi, ed il Pd deve saperle valorizzare. Il nostro obiettivo deve essere la modernizzazione del Piemonte; attraverso lo sfruttamento del suo ruolo di cerniera tra l’Italia ed il nord Europa, attraverso l’investimento su formazione ed innovazione, attraverso la modernizzazione e sburocratizzazione della struttura amministrativa e produttiva.
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1 – IL LAVORO
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Pensare avanti
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Il Piemonte che c’era, non c’è più: la grande fabbrica capace di garantire lavoro a decine di migliaia di dipendenti e ad alimentare un indotto ramificato sul territorio, è tramontata col finire del secolo, così come è tramontato il modello sociale che essa determinava (con le sue contraddizioni e le sue tensioni, ma anche con le sue garanzie).
Un altro Piemonte e’pero’ nato: e’ il Piemonte delle piccole imprese a tecnologia avanzata, delle eccellenze enogastronomiche, del patrimonio culturale, della fruizione turistica; il Piemonte della ricerca e della Reggia di Venaria, del Politecnico e del design industriale, della Via Lattea e dei Laghi, di Slow Food e di Eataly.
Certo, la crisi attuale sta “picchiando duro” e colpisce la nostra Regione più che altrove perché transitare da un modello economico ad un altro in tempo di recessione è complesso e arduo. Proprio questo è il momento di guardare al futuro con coraggio e determinazione, e ”pensare avanti” per comprendere ciò che il Piemonte può diventare: la politica ha un senso se asseconda e sostiene i processi nuovi, non se rimpiange quelli antichi, e meno che mai se li ripropone in fotocopie sbiadite.
Amministrare il Piemonte, oggi, significa sostenere il modello articolato che sta nascendo e nel quale si riassumono le bellezze che il mondo invidia all’Italia: l’ingegno della sperimentazione e della ricerca applicata; l’eredita’ storico-artistica del passato; il fascino della natura; la qualità della vita. Le risorse pubbliche disponibili per intervenire non sono molte e non è prevedibile aumentino in tempi brevi: occorre impiegarle in modo mirato, rinunciando al facile consenso della distribuzione a pioggia, e concentrando invece lo sforzo la’ dove si possono ottenere i risultati migliori.
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Il merito e i bisogni, l’utile e il giusto
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Il “merito” e il “bisogno” non sono concetti contrapposti: il “merito” di chi produce crea occupazione, l’occupazione crea reddito: e’ questa la vera risposta al “bisogno” . Valorizzare il merito di chi innova, di chi sperimenta, di chi investe; scegliere con criterio e intuizione, operare con la massima trasparenza, rifiutando la logica dei privilegi; non creare ricchezza, ma aiutare a crescere coloro che la creano. È su questa base che bisogna operare in modo consapevole e coerente per cambiare verso al Piemonte.
Anche l’ “utile” e il “giusto” non sono concetti contrapposti: attendersi un “utile” dal proprio investimento (di denaro, di lavoro, di ingegno) è naturale e positivo; perché l’ “utile” del singolo sia “giusto” per la collettività occorre l’intervento della politica. È compito di chi amministra redistribuire la ricchezza in modo che lo sviluppo della società non provochi distanze incompatibili tra i primi, che corrono troppo veloci, e gli ultimi, che camminano troppo lenti.
In attesa della definizione del Job Act, occorre che l’impegno alla risoluzione delle problematiche locali attribuisca uguale priorità sia alla tutela dei lavoratori, sia alla tutela dell’impresa. In termini di politica regionale questo significa individuare i “nuovi deboli”, a partire dai giovani esclusi dal mondo del lavoro ed espropriati dal diritto al futuro; operare scelte sulla fiscalità e sulla contribuzione ai servizi per alleggerire sia la produzione, sia i ceti in difficoltà; sostenere con incentivi chi garantisce occupazione alle fasce a rischio; monitorare e coadiuvare la gestione delle crisi, favorendo il confronto tra le parti sociali; ottimizzare le opportunità di crescita offerte dai fondi europei; incentivare l’export delle imprese regionali; garantire il pagamento puntuale e rapido ai fornitori delle Pubbliche Amministrazioni.
La vera sfida di un centrosinistra che amministra il Piemonte guardando al futuro è la capacità politica e intellettuale di occuparsi insieme di merito e di bisogno, dei primi e degli ultimi; questo significa superare le logiche ereditate dai decenni passati e rifiutare tanto la logica dell’impiego assistenziale della spesa pubblica, quanto la subalternità agli interessi costituiti.
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2 – I GIOVANI
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La formazione
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La formazione scolastica, professionale e universitaria è la garanzia del nostro futuro. Nelle fabbriche della Germania l’85% degli operai ha il diploma di scuola superiore; tra gli attuali lavoratori di Mirafiori, l’85% ha la licenza media. Differenze così marcate di qualificazione significano differenze di capacità lavorativa: in un mondo dove la tecnologia si perfeziona a velocità impressionante, bisogna avere gli strumenti per adeguare la propria professionalità ai ritmi del cambiamento.
Per anni molti pedagogisti hanno fatta propria la bandiera del “long life learning”, la formazione continua lungo tutto l’arco della vita. Proposito giusto, ma bisogna aggiornare il modello: perché un cittadino possa proficuamente aggiornarsi, deve avere una solida preparazione di base, quella che si acquisisce nelle scuole o nelle agenzie formative. Conoscere l’informatica, conoscere l’inglese, padroneggiare gli strumenti conoscitivi di base: parte di lì la strada del futuro.
Il Piemonte è un luogo d’eccellenza per la preparazione universitaria e postuniversitaria, con il Politecnico torinese inserito nell’elenco delle prime 100 università del mondo e con consolidate tradizioni di scambio tra mondo accademico e mondo della produzione. Bisogna mantenere il livello raggiunto e sostenere con convinzione sia la ricerca applicata, sia la ricerca pura; bisogna investire sui talenti, perché possano specializzarsi a contatto con le più avanzate esperienze internazionali; bisogna garantire il diritto allo studio, perché tutti possano avere le stesse opportunità di accesso ai saperi .
Ma bisogna anche sostenere la preparazione di base: sicurezza degli edifici, perché non si ripeta il dramma del “Darwin”; interventi migliorativi, perché il luogo dove si studia deve essere gradevole e pulito; sostegno al rinnovo delle dotazioni laboratoristiche (perché si possa “imparare facendo”); promozione degli strumenti informatici individuali (perché il giovane a scuola comunichi con gli stessi strumenti con cui comunica a casa); valorizzazione dell’autonomia scolastica, perché ogni istituto diventi un centro di formazione permanente aperto al territorio
E bisogna valorizzare la formazione dei lavoratori occupati e la riqualificazione di quelli inoccupati, superando proposte statiche e passive e articolando interventi dinamici, capaci di corrispondere alle esigenze del mercato del lavoro e di soddisfare i bisogni e le aspettative di chi si vuole formare.
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3 – LE DONNE
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Realizziamo l’equilibrio di genere al nostro interno e nelle istituzioni. Il PD è senza dubbio il partito italiano che ha fatto più passi in questa direzione e tante leggi nazionali hanno spianato questa strada: pensiamo alla legge sulla doppia preferenza di genere nelle elezioni comunali o a quella sulla presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società per azioni.
Alcuni passi spetteranno a noi:
– il cambiamento della legge elettorale regionale introducendo la garanzia della parità di genere;
– la nomina paritaria di uomini e donne ai vertici delle società partecipate di Regione ed enti locali piemontesi.
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Garantire la parità di genere significa operare non soltanto nella composizione delle liste elettorali o nella distibuzione delle deleghe di Giunta, ma nella creazione di pari opportunità in tutte le materie di specifica competenza regionale. Quindi lavoriamo in materia di formazione professionale e mercato del lavoro, perché siano agevolati i percorsi di accesso professionali; in materia assistenziale, perché siano incentivate strutture capaci di agevolare la conciliazione tra lavoro e famiglia (a partire dagli asili nido aziendali e pubblici, il telelavoro, il ridimensionamento di un sistema in cui gli orari delle scuole si concilino con gli orari di lavoro); in materia culturale, perché i temi della parità e del rispetto siano proposti parte integrante dell’educazione e dei suoi sistemi valoriali.
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4 – LA SALUTE
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Una Regione dove si vive bene è una Regione capace di fornire ai cittadini un’assistenza efficace e tempestiva, nella quale siano tenuti insieme sanità e sociale, ospedale e territorio: è nel percorso di continuità delle cure che si assicurano la qualità e la sicurezza degli interventi.
Il sistema sanitario non può essere considerato un costo sul quale incidere con calcoli ragionieristici, come ha fatto l’amministrazione di centrodestra in questi ultimi anni; né può essere immaginato come un settore da privatizzare con trasferimenti graduali (come quello dei servizi radiologici) o con ingegnose operazioni politico-finanziarie (come il Fondo unico immobiliare, nel quale avrebbero dovuto confluire anche gli ospedali).
Il nostro partito vuole un sistema sanitario interamente pubblico e disponibile nei confronti dei cittadini che lo utilizzano: i necessari interventi di riorganizzazione devono saper coniugare le compatibilità finanziarie con una rete di servizi capillarmente distribuita.
In termini concreti, questo significa rilanciare il piano di investimento nell’edilizia ospedaliera, a partire dalla realizzazione della Città della Salute; ridurre il numero delle Asl facendole coincidere ognuna con un’area vasta di 600/660mila abitanti e realizzando risparmio sulle strutture e sui dirigenti; trasformare i piccoli ospedali in case della salute, mantenendo i posti letto della continuità assistenziale; ridurre le liste di attesa a partire da una semplificazione del sistema di prenotazione; sostenete la creazione di equipe multidisciplinari per le cure primarie; garantire un’adeguata copertura dei posti di lavoro necessario, tenendo conto che la qualità della salute e’ garantita dall’interazione tra il lavoro del medico e quello degli operatori delle professioni sanitarie (infermieri, tecnici, di radiologia, logopedisti, psicologi, ecc).
Significa anche pensare alla prevenzione ed ad un sistema integrato tra protezione sociale e sanità, per chè la persona deve essere considerata ed accompagnata in ogni fase della sua vita, dalla giovinezza alla terza età.
Ogni persona che si rivolge al sistema sanitario lo fa con preoccupazione, con paura, con speranza. Occorre fare ogni sforzo perché il sistema metta il paziente al centro del proprio lavoro, garantendo qualità, competenza, disponibilità, umanità. Una sanità efficiente e’ una sanità cui il cittadino può rivolgersi con fiducia, nella sicurezza di essere accolto non come malato, ma come cittadino bisognoso di cure.
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4 – L’AMBIENTE
Il PD Piemontese ha preso atto di una economia regionale che si sta ridisegnando e che chiede con urgenza politiche orientate a favorire una transizione green del suo settore portante che è la manifattura. Il PD che vogliamo è in grado di leggere questa urgenza perché sa che le sfide dell’industria e delle imprese manifatturiere non sono le stesse del modello produttivo anni 70-’80, caratterizzato da grandi strutture tradizionali ed energivore: al contrario, si concentrano nel campo dell’innovazione sostenibile. A dimostrazione di questa volontà e nella consapevolezza che i temi di ambiente ed energia sono priorità strategiche per il lavoro, l’economia e la salute delle persone, l’ambiente deve rientrare tra le priorità del nuovo PD piemontese.
Bisogna attivarsi perché la Regione si doti degli strumenti programmatici e pianificatori essenziali per orientare le scelte in materia ambientale e fornire alla comunità di amministratori, professionisti, imprenditori, cittadini le linee guida in materia di emissioni, energia, rifiuti.
Risparmio, riduzione ed efficienza saranno la cifra delle politiche energetiche e dei rifiuti del PD piemontese, perché il Piemonte vuole e può intestarsi un ruolo chiave nel percorso nazionale verso gli obiettivi europei. e perché siamo convinti che scelte coraggiose di politica pubblica in questo senso generino innovazione, rimettano in moto settori fermi come l’edilizia, accrescano la competitività delle imprese e della Regione nel suo insieme.
Il territorio piemontese ha molte vocazioni e risorse oltre la manifattura: storia, architettura, agricoltura e food, montagna, le politiche del PD saranno orientate a valorizzare queste vocazioni investendo su ciò che abbiamo con scelte integrate che privilegino lo sviluppo di nuovi mercati come quello turistico legato alle produzioni di eccellenza o all’offerta di paesaggio che siamo in grado di proporre.
Il nostro PD punterà a dotarsi di strumenti veri di partecipazione (es. sul modello del débat publique francese) che permettano scelte trasparenti e responsabili sui temi fondamentali che coinvolgono i cittadini e che impattano più di ogni altro sulla qualità della vita delle comunità: qualità dell’aria, rifiuti, uso del suolo, un sistema ciclabile regionale (sostenendo il Progetto VENTO).
Dobbiamo spendere le nostre competenze migliori per studiare questi temi nella loro complessità e saper dare ai nostri amministratori proposte efficaci e credibili.
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Le idee fin qui esposte sono il frutto dell’impegno di tanti amici, militanti ed elettori che hanno voluto apportare i propri consigli e suggerimenti.
Non vogliamo che questo documento sia un semplice adempimento burocratico a supporto di una candidatura, ma vogliamo che diventi l’indirizzo politico del nuovo PD e di coloro che verranno eletti nelle istituzioni attraverso le liste del PD.
Ecco perché il documento attuale non può dirsi completo, anzi necessita ancora di molte integrazioni,.
I contributi a questo programma continuano ad arrivare ogni giorno, con l’entusiasmo e l’intelligenza di democratiche e democratici che vogliono ragionare su come costruire il nostro futuro.
Ci piace pensarlo come un work in progress, sapendo che:
“Trovarsi insieme è un inizio, restare uniti è un progresso, lavorare insieme è un successo”
(Henry Ford)