Linee Politico Programmatiche – Gianna Pentenero
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IL PD CHE VOGLIAMO PER IL PIEMONTE (Scarica Pdf)
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PREMESSA
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Oggi, nel pieno della più drammatica crisi economica e sociale del dopoguerra, di fronte ad un Paese attonito e impaurito, schiacciato dalla morsa delle recessione, privato di prospettive per il futuro che non siamo all’insegna della precarietà, dell’incertezza e della drammatica riduzione di tutele, servizi, tenore e stili di vita, di fronte a pulsioni e tentazioni di riduzione e marginalizzazione della democrazia a favore delle scorciatoie populiste e delle deleghe tecnocratiche; il Partito Democratico ha la responsabilità di indicare, candidandosi alla guida del governo del Paese il percorso per uscire dalla crisi, per restituire alla politica e alle istituzioni democratiche dignità e credibilità e per avviare una nuova stagione di crescita e di sviluppo per l’Italia per l’Europa.
In un momento storico di così grande crisi della politica è indispensabile che il Partito Democratico, a partire dai suoi livelli territoriali, si adoperi per ricostruire un legame positivo con i cittadini e le comunità, indicando priorità e progetti, costruendo occasioni di confronto, selezionando e formando una classe dirigente credibile capace di interloquire con le realtà sociali, economiche e produttive.
Per questo l’elezione del Segretario Regionale non attiene a una semplice dialettica interna, a un confronto tra tesi e persone all’interno del PD, bensì è l’occasione per costruire dal basso un nuovo modello di governance e di organizzazione in grado di ascoltare, valorizzare e sintetizzare le energie e competenze che il Piemonte esprime all’interno del nostro partito e tra il suo elettorato, per rilanciare la nostra regione all’interno del dibattito europeo e nazionale, per dare forza alla nostra economia attraendo investimenti e opportunità dagli altri livelli istituzionali.
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UN PARTITO CHE CREDE NELL’EUROPA
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E’ dall’Europa che dobbiamo partire, anche qui, anche in Piemonte, perché è l’Europa il campo di gioco economico, sociale e politico dal quale dipende il futuro del nostro paese e della nostra regione, perché è a quel livello e in quel consesso, che si assumeranno le scelte strategiche per le economie dei nostri territori, gli equilibri che li governeranno, la qualità sociale e democratica delle trasformazioni che, nei prossimi decenni, li investiranno.
L’Europa, il suo modello sociale, il suo patrimonio culturale e di pensiero, la sua capacità di produrre e distribuire ricchezza e valore, la sua funzione di riferimento politico e democratico.
Partire dall’Europa significa però porre il tema di una battaglia politica perché il destino del continente sia finalmente tolto dalle mani delle elite finanziarie, delle tecnocrazie cresciute in questi decenni all’ombra delle teorie e delle ricette neoliberiste, tanto affascinanti nelle loro suggestioni, quanto nefaste nelle loro pratiche applicazioni e riconsegnato al confronto democratico, alla politica. Sono le famiglie politiche europee, quella progressista, raccolta intorno al PSE, e quella conservatrice del PPE a dover competere perché si affermi un proposta politica di valore continentale e non più la sola protezione di singoli interessi nazionali. I conservatori del PPE, che hanno guidato le istituzioni europee in questi anni hanno fallito; è tempo che i progressisti ed i riformisti europei avanzino con autorevolezza la loro visione dell’Europa e del suo futuro e presentino il loro programma per uscire dalla crisi nella quale le illusioni neoliberiste l’hanno precipitata.
Il ruolo e la funzione del PD, in questa battaglia, sono fondamentali. La nostra assenza dal dibattito politico europeo è durata troppo tempo. I vaneggiamenti nuovisti che hanno segnato i primi anni di vita del nostro Partito, mortificandone la collocazione e la funzione internazionale, debbono essere posti definitivamente alle nostre spalle. E’ tempo che si consolidi, con un netto profilo strategico, la collaborazione con gli altri partiti del riformismo europeo, è tempo che il PD entri a far parte, senza riserve e senza tentennamenti nel PSE; fuori da questa famiglia politica il PD è orfano e solo; senza il PD il progressismo europeo è più debole e inefficace.
Fra pochi mesi, l’Europa sarà chiamata ad eleggere le sue rappresentanze democratiche ed a rinnovare la guida politica delle sue Istituzioni. Il Pd del Piemonte non può né ignorare, né trascurare questo appuntamento. Le elezioni europee non sono una questione riservata all’attenzione e alle ambizioni di singoli candidati ed il ruolo del Partito Democratico del Piemonte non può essere quello di compilatore notarile delle liste. Un minuto dopo la conclusione del congresso regionale, il nuovo gruppo dirigente del nostro partito dovrà costruire, insieme ai piemontesi, alle forze economiche, sociali, culturali della nostra regione, la sua proposta, il suo programma per conquistare spazio e voce nelle istituzioni comunitarie, perché, con il Pd e grazie al Pd, il Piemonte conquisti l’Europa.
La debolezza manifestata dalla Giunta Cota nella gestione della nuova programmazione dei fondi europei è la testimonianza di come è possibile perdere occasioni importanti per il Piemonte. Noi abbiamo bisogno che le elezioni europee vedano una nostra rappresentanza qualificata, che non può farsi schiacciare nel confronto politico ed elettorale dalle altre regioni della circoscrizione, per avere una voce e relazioni dirette con le istituzioni comunitarie, ben sapendo che spetterà anche a noi fare in modo che il PD a livello nazionale contrasti le spinte nazionaliste e rilanci l’Europa come spazio politico ed economico in cui l’Italia e il Piemonte si giocano la partita del proprio sviluppo economico.
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UN PD CHE CONTA NELLA POLITICA NAZIONALE
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Il nuovo gruppo dirigente del PD piemontese avrà il compito di porre la questione Piemonte a livello nazionale, rafforzando la funzione di rappresentanza a livello nazionale della nostra Regione. Da troppo tempo il Piemonte è assente ed ignorato dalla politica e dalle funzioni di governo nazionale. Le nostre eccellenze a livello economico, produttivo, nella formazione e nella ricerca hanno una scarsa considerazione, al pari delle criticità connesse alla difficoltà di alcuni comparti che hanno pagato maggiormente gli effetti della crisi e della globalizzazione senza regole. Dobbiamo contare di più all’interno del PD, partendo dalla capacità di recuperare la guida della nostra Regione, e di conseguenza all’interno delle politiche governative. Per fare ciò abbiamo bisogno di rafforzare la qualità della nostra proposta politica, la capacità di costruire relazioni e alleanze con il territorio, portando la forza della nostra autorevolezza politica all’interno del dibattito nazionale. Un gruppo dirigente credibile, che punta sul territorio e sui suoi dirigenti locali, che legittima il ruolo degli amministratori locali nel processo di rafforzamento dell’immagine del PD è la base per presentarsi a Roma con più forza, chiedendo di contare di più. In questo contesto risulta necessario che si apra una fase di confronto, in passato solo abbozzata, con gli organismi dirigenti e gli eletti delle altre regioni del Nord, con cui condividiamo prospettive, destini e spesse volte criticità. Dobbiamo costruire un’agenda comune su temi strategici, pensiamo ai trasporti e alle infrastrutture, alle politiche fiscali e di valorizzazione dei nostri comparti produttivi, alle multiutility e alla gestione dei servizi pubblici locali, di cui il partito sia luogo di confronto e motore, superando la funzione di ratifica di decisioni o indecisioni di altri livelli politici e istituzionali.
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IL PD CHE SERVE AL PIEMONTE
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Insomma “tocca a noi”; tocca alle donne e agli uomini del Pd, tutti, nessuno escluso, prendere sulle spalle questo Piemonte, colpito e piegato dalla crisi, ferito dalle incompetenze e dall’inconcludenza del presidente Cota e della sua maggioranza, umiliato dallo sfregio che quel presidente e quella maggioranza hanno inferto alla credibilità e al buon nome delle sue istituzioni rappresentative e di governo.
Tocca ai nostri parlamentari, ai sindaci e agli amministratori di province e di comuni, ai nostri dirigenti territoriali, agli iscritti e ai nostri elettori. A tutti loro, il nuovo PD piemontese deve offrire e garantire luoghi e spazi di partecipazione, di confronto e di lavoro, sedi effettive e riconosciute di decisione. A tutti loro, insomma, il Pd deve offrire l’opportunità e la garanzia di non rimanere mai soli, di essere in ogni momento parte di una comunità politica, comunità di pensiero e di destini.
Quel tocca a noi, insomma, deve essere riempito da una poderosa azione politica, di analisi e comprensione dell’oggi, di progetto e di proposta, di confronto e condivisione con la società, di agenda delle cose da fare, di strumenti da attivare, per rendere il Partito Democratico riferimento per tutta la società piemontese, occasione e strumento per restituire alla politica e alla democrazia prestigio e fiducia.
La comunità del Partito Democratico del Piemonte ha bisogno di una nuova e rinnovata guida, capace di promuovere, favorire e guidare una discussione approfondita sulla sua capacità, come forza organizzata e presente sui territori, di sostenere e radicare il proprio progetto di governo; non basta un segretario nazionale, per quanto dotato di consenso e capace di risultati straordinari, e non serve un partito trasformato in comitato elettorale del leader candidato alla premiership del Paese.
Abbiamo bisogno di un partito che nelle realtà locali e sul territorio si dimostri vitale, autorevole, ascoltato. Qui, a cominciare dai nostri territori, dal Piemonte, noi mostriamo gravi limiti ed insufficienze. Non funziona il nostro modello di governance, gli organismi dirigenti non sono posti nelle condizioni di decidere, né di assumere posizioni in cui tutti siano posti nelle condizioni di riconoscersi. Occorre soprattutto una maggiore capacità di proposta e d’iniziativa politica da parte di chi ha la responsabilità di guidare, in Piemonte e a Torino, e, soprattutto, una maggiore autonomia dalle aree e correnti di provenienza. Le aree politiche sono una ricchezza, la linfa vitale del nostro essere comunità plurale, ma non possono essere strumenti di condizionamento e interdizione della nostra vita democratica, né, come spesso è accaduto in passato, possono sostituirsi, attraverso direttori, caminetti e patti di sindacato, all’autonoma titolarità deliberante degli organismi del partito. Su questo noi ci impegniamo a dare, fin da subito, segnali concreti d’inversione di tendenza, dell’apertura di una nuova fase. Serve una definita e visibile agenda politica che indichi le priorità per il futuro della nostra Regione, una agenda che affronti il tema dello sviluppo economico dell’area metropolitana di Torino e di ogni singola provincia piemontese, dei suoi centri urbani, come delle aree rurali, delle sue valli e delle sue montagne.
Sono obiettivi ambiziosi, che devono poter camminare sulle gambe di interpreti preparati e competenti, radicati e riconosciuti nei loro territori. Il nuovo Pd piemontese deve credere e investire in una nuova classe dirigente, mettendo in campo e valorizzando le forze migliori maturate nelle positive esperienze dei governi locali e dell’impegno nel mondo del lavoro e della società.
Lanciare questa sfida, costruire questo progetto, raggiungere questi obiettivi richiede sforzo collettivo e spirito di comunità, impone che si coltivi un reale e vero spirito unitario, fatto di coinvolgimento, accoglienza e condivisione.
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IL MIO CONTRIBUTO AL SERVIZIO DEL PD
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Guidare il Partito Democratico significa porsi al servizio di questa straordinaria comunità di persone e di idee con lo spirito e la volontà di non camminare da soli, di non lasciare nessuno da parte, o indietro. Significa dirigere e non comandare, con l’autonomia e la libertà data dal dover rispondere unicamente a quella comunità di persone e a nessun altro.
Candidarsi alla guida del Partito Democratico è il compito più impegnativo e gravoso che ognuno di noi può essere chiamato ad affrontare, la responsabilità più grande. Non è la tappa di un cursus honorum, né il trampolino per altri incarichi.
Candidarsi alla guida del Partito Democratico significa scegliere di dedicarsi alla cura di quella comunità, mettendo a disposizione, la propria storia, il proprio impegno, tutte le propria capacità e intelligenze.
La mia candidatura alla segreteria regionale del Partito Democratico si pone l’obiettivo di promuovere l’idea di Partito che ho maturato in questi anni di impegno amministrativo al servizio delle cittadine e dei cittadini piemontesi. Nei circoli, tra i militanti e gli iscritti, parlando con gli amministratori emerge sempre più la voglia di un partito vivo e dinamico non solo in occasione delle competizioni interne ed elettorali, un luogo in cui il confronto sia aperto e non soffocato negli steccati delle appartenenze.
Credo che questa rappresenti oggi una delle emergenze che voglio provare a superare, portando la mia esperienza di democratica nel “dna”, di chi partendo da un’esperienza civica guardava ai partiti che hanno concorso alla nascita del PD con attenzione e rispetto, ma sognando di poter andare oltre e di costruire un partito che da quelle esperienze potesse rilanciare la propria visione di una società migliore.
Mi candido non come ex, per difendere o rappresentare qualcosa o qualcuno, ma per costruire un progetto per il PD piemontese, capace di elaborare una proposta di partecipazione politica che rafforzi e per alcuni versi ricostruisca il senso di appartenere con orgoglio a un partito.
Noi abbiamo necessità di far contare gli iscritti e non di contare le tessere, abbiamo bisogno di dare credibilità e forza all’azione del PD regionale ripartendo dai circoli, ascoltando esigenze, istanze e voglia di impegnarsi sapendo che solo attraverso la politica possiamo ricostruire un progetto per il Piemonte.
Non mi ha mai affascinato il dibattito sui partiti liquidi o solidi, perché credo che la miglior politica, quella più efficace si fonda sulla prossimità e sulla capacità di costruire relazioni e fiducia sui propri valori e sui progetti che si intendono portare avanti, unendo ad essa l’organizzazione e la capacità di rafforzare il radicamento.
Tutto ciò è possibile realizzarlo, costruendolo insieme, e con la consapevolezza che i prossimi mesi ci porteranno anche sfide importanti nelle elezioni amministrative ed europee, se abbiamo un Partito Democratico che a livello regionale riparte dalle sue fondamenta e che, unico in Italia, raccoglie la sfida di affidare questa responsabilità a una donna.
Io mi sono messa in gioco, con serenità, entusiasmo e senza tatticismi, proponendomi ai militanti, iscritti, simpatizzanti e a quell’elettorato che guarda con più fiducia e speranza al Partito Democratico quando gli offre opportunità, spazi e soprattutto spende persone trasparenti e credibili.
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A NOI IL COMPITO DI PENSARE AL PIEMONTE DEL 2025
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I prossimi mesi saranno decisivi per costruire le condizioni di sviluppo del Piemonte per i prossimi dieci anni. Le elezioni amministrative che coinvolgeranno numerosi comuni piemontesi, la scadenza delle europee e le prossime elezioni regionali e probabilmente politiche nel giro di un anno porranno il nuovo gruppo dirigente di fronte a una sfida straordinaria, ovvero quella di fare del PD e dei suoi organismi lo spazio di elaborazione e di confronto di una proposta politica credibile per il territorio.
Non guidare questo processo, accompagnandolo, proponendo un modello di lavoro e stimolando il dibattito dentro e fuori il partito, guardando in particolar modo a rafforzare su base territoriale i rapporti con le parti sociali, gli attori economici e produttivi, il mondo del volontariato cattolico e laico, significa abdicare alla nostra funzione e legittimare l’idea di un partito sempre più simile a un comitato elettorale.
Noi ci proponiamo di farlo, avendo ben chiare alcune priorità nell’agenda, che di volta in volta dovrà essere aggiornata e costruita chiedendo in primis ai nostri amministratori di legittimare il ruolo del Partito e non di considerarlo strumento per l’ottenimento di consenso personale.
Al primo posto c’è sicuramente il lavoro, su cui bisogna, sollecitando iniziative a livello governativo e avanzando interventi sul piano regionale, costruire le premesse per lo sviluppo, favorendo l’insediamento di aziende, creando nella fiscalità antidoti alla delocalizzazione, promuovendo la realizzazione di infrastrutture e investimenti (pensiamo all’agenda digitale) che rendano attrattivo il Piemonte. Nel fare questo non possiamo dimenticare l’attenzione agli ammortizzatori sociali, a chi rischia senza di essi di cadere nel baratro della nuova povertà. In questo senso la formazione e l’accompagnamento delle politiche pubbliche devono rappresentare per loro non solo lo strumento per la sussistenza, ma soprattutto l’opportunità per rilanciarsi all’interno del mondo del lavoro.
Investire sul lavoro significa anche puntare sull’istruzione, la formazione, l’innovazione e la ricerca affinchè offrano una chance alle nuove generazioni sempre più sospese tra sviluppo e declino. Dobbiamo, a partire dai territori, ripensare a nuove vocazioni di sviluppo e in questo immaginare prospettive per chi a partire dal suo percorso formativo deve poter costruire il proprio futuro non fondato sull’incertezza o sulla disponibilità della famiglia di origine.
Abbiamo necessità di ripensare un sistema di welfare che lavori per ridurre le sempre più crescenti disuguaglianze, che guardi ai diritti sanciti nella costituzione e nelle leggi non come testimonianza di un passato non più sostenibile, bensì ripensando un progetto per il Piemonte. Dobbiamo mettere insieme la ricchezza dei nostri servizi sociali, messi in discussione e attaccati da questa Giunta regionale, e con essi lavorare insieme al mondo del volontariato e del terzo settore a un modello di welfare sostenibile, più fondato sulla sussidiarietà, ma in cui le istituzioni non abdicano alla propria funzione di rendere esigibili i diritti dei cittadini attraverso i servizi alle persone. In questo dibattito il Partito regionale deve assumere l’iniziativa, stimolare confronti, riflettere anche sulle peculiarità del nostro Piemonte, ma evitando che ci siano velocità diverse e interessi locali prevalenti.
Nel riflettere sui diritti non possiamo lasciare soli i nostri comuni nell’affrontare il fenomeno dell’immigrazione e delle relazioni con le comunità insediatesi nel tempo in Piemonte. E’ una lavoro culturale e politico che deve vedere il PD regionale impegnato nell’accompagnare processi in favore di comunità accoglienti, inclusive ed educanti, che lavorano per una cittadinanza globale e si preoccupano anche di chi vede lontano da qui negati i propri diritti universali.
Dobbiamo rimettere mano alle politiche sanitarie, riprendendo il lavoro avviato nella precedente legislatura e riaprendo un dibattito con i territori per un modello di sanità sostenibile e capace di coniugare territorialità e specializzazione, valorizzazione delle strutture sanitarie pubbliche e capacità di ottimizzare i costi. E’ un passaggio delicato in cui il PD regionale deve mettersi in gioco non alla ricerca del consenso locale, ma sviluppando un progetto che consenta anche alle generazioni future di avere una sanità per tutti e non per pochi.
Dopo anni di confusione e incertezze è ora di investire su un sistema di trasporto pubblico che non abbandoni le aree più marginali, riducendo l’impatto ambientale ed economico del trasporto privato.
L’istruzione e la formazione, la ricerca e l’innovazione, ormai cenerentole delle politiche regionali con pesanti riflessi per le famiglie e il Piemonte devono riassumere un ruolo centrale. Sono stati gettati al vento anni di lavoro e di concertazione, si sono perse occasioni e opportunità di favorire investimenti, ma il Piemonte è ricco di competenze ed eccellenze che possiamo e dobbiamo mettere a sistema.
Nel ripensare un progetto per il nostro Piemonte abbiamo bisogno di restituire dignità e prospettive alla cultura e alla sua capacità, insieme al turismo, di essere uno dei nuovi motori di rilancio della nostra economia. La bellezza della nostra Regione, le tradizioni enogastronomiche, la ricchezza delle nostre istituzioni culturali sono un’opportunità da valorizzare e su cui investire per creare lavoro e vivificare le nostre comunità.
La riorganizzazione delle istituzioni locali, le riforme attualmente in discussione al Parlamento, non possono non vedere il Partito regionale protagonista dell’analisi, del confronto e dell’assunzione di una posizione. L’attuazione del DDL Del Rio, la discussione relativa alle province e le città metropolitane, il ruolo e la funzione dei comuni, la questione delle unioni,delle comunità montane e delle gestioni associate e la necessità di garantire la democrazia sul territorio,necessitano di un accompagnamento da parte del Partito per evitare comportamenti incoerenti e fibrillazioni che minano la credibilità del partito.
In sintesi io credo che noi abbiamo necessità di un partito che c’è, che fa sentire la sua presenza, che non lascia soli i circoli, dirigenti e iscritti e dialoga con i mondi a noi vicini, che di fronte ai problemi e alle emergenze si assume la responsabilità di un indirizzo.
Il PD regionale deve presentarsi come soggetto credibile, a partire da un rinnovato patto fondato sull’attenzione ai costi della politica e alla gestione delle risorse pubbliche, che non va alla ricerca del consenso, ma attraverso il confronto rafforza il suo ruolo all’interno della comunità e dell’opinione pubblica.
Abbiamo bisogno di un PD che accompagna la crescita della nuova classe dirigente, che punta sui giovani e sul rinnovamento, che crede alla parità di genere non come adempimento bensì come straordinaria opportunità per dare effettiva rappresentanza, capace non di inseguire il consenso ma di essere protagonista in grado di coinvolgere e infine di decidere, che promuove politica per sconfiggere il senso di sfiducia che si respira tra la gente, che valorizza le competenze e la disponibilità dei tanti uomini e delle tante donne che quotidianamente dedicano parte del loro tempo con sincero spirito di servizio, che vuole camminare in mezzo ai cittadini forte del proprio bagaglio di valori e con l’entusiasmo di chi ha voglia di consegnare un progetto e una speranza al Piemonte e all’Italia.
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Quel che più spaventa nei partiti non è quello che dicono, è quello che trascurano o si rifiutano di dire.
Louis Blanc
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Gianna Pentenero