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Tra Covid ed elezioni americane, quant’è dura la Brexit per Boris Johnson

su immagina.eu del 13 novembre 2020 – di Agnese Repicetta

Intervista a Federico Gatti, corrispondente Mediaset dal Regno Unito

La prima telefonata è stata per Justin Trudeau. Ma la seconda chiamata ufficiale di Joe Biden dopo le elezioni americane è stata indirizzata al premier britannico Boris Johnson, a cui il neo ‘Presidente quasi eletto’ non ha nascosto le sue preoccupazioni per la questione dei confini irlandesi (e non solo). Un modo per fargli capire, fin da subito, che sulla Brexit l’approccio dell’amministrazione americana sarà completamente diverso rispetto a quello di Trump. Che cosa ci dobbiamo aspettare? Ne abbiamo parlato con Federico Gatti, corrispondente dal Regno Unito per Mediaset, con cui abbiamo cercato di capire i prossimi scenari. “La Brexit è per sua natura un tema polarizzante, tanto nel Regno Unito quanto oltreoceano”, ci dice il giornalista. “L’antagonismo dell’ormai ex-capo della Casa Bianca nei confronti dell’Europa ne fece il primo sostenitore internazionale, e Trump non ha mai fatto nulla per nascondere la sua posizione: dalle aperte critiche a Theresa May e l’endorsement a Boris Johnson, fino al coinvolgimento in prima persona di Nigel Farage – fautore della Brexit – nei recenti comizi di The Donald. D’altronde Brexit e Trump, oltre ad essere figli dello stesso momento storico, hanno matrici comuni in termini di ideologia e di strategia comunicativa e politica. Per i Brexiteers duri e puri, Trump rappresentava una sponda sia economica che fisiologica, insomma”.

E con Biden Presidente?

“Con Biden la situazione è completamente ribaltata. Il Presidente-eletto è stato per otto anni vicepresidente di Barack Obama, apertamente contrario all’uscita. Era al suo fianco quanto l’ex capo della Casa Bianca, durante la campagna pre-referendaria del 2016, venne a Londra a dire che il Regno Unito dopo la Brexit sarebbe stato “at the back of the queue”, in fondo alla fila, nella lista delle priorità e degli interessi commerciali statunitensi. Biden ha anche origini irlandesi e la pericolosa posizione di Boris Johnson nei confronti del cosiddetto “Protocollo Nord Irlandese” ha suscitato nei Democratici forti preoccupazioni e critiche. Biden si è detto più volte contrario ad un accordo che metta a repentaglio l’accordo di pace del Venerdì Santo. Ma non solo. Il Regno Unito è sempre stato per l’America l’anticamera d’Europa, un interlocutore preferenziale capace di influenzare le decisioni degli altri membri dell’Unione. Da Gennaio non sarà più così”.

Di fatto come cambiano ora i piani di Boris Johnson, visto che non può contare sull’appoggio incondizionato di Washington sulla cosiddetta linea dura dell’hard Brexit?

“Boris Johnson si trova ora in una posizione di svantaggio sul tavolo dei negoziati, a pochi giorni allo scadere dell’ultimatum. Il pugno di ferro usato finora con Bruxelles nascondeva la certezza in un secondo mandato di Trump e ora Johnson sa che Biden avrà più interesse ad allacciare rapporti con altre capitali europee e dedicarsi al mercato unico Europeo – un bacino economico ben più allettante di quello britannico – con buona pace della “special relationship” tra Washington e Londra. Quest’ultima sarà per Biden importante nella politica estera e in quella ambientale (dagli accordi di Parigi al ruolo degli USA nella Nato, fino ai dossier Cina e Iran) ma per quanto riguarda la Brexit, Londra ora sa che senza un accordo il rischio è quello di alienarsi ancora di più, diventando una potenza di secondo piano nello scacchiere globale, ammesso che non lo sia già, come ha recentemente dichiarato l’ex primo ministro John Major”.

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