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Visita al Centro per il Rimpatrio di Torino: necessaria una radicale riforma

Una delegazione di parlamentari del Partito democratico formata da Andrea Giorgis e Anna Rossomando insieme a Michele Miravalle della segreteria regionale Pd, è entrata nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Torino. La visita ha seguito quella effettuata in mattinata da un gruppo di consiglieri regionali, tra cui Domenico Rossi del Pd.
Il Partito Democratico ha deciso di visitare il Cpr anche a seguito del suicidio del ventitreenne Moussa Balde e in vista del presidio organizzato dalla società civile per venerdì 4 giugno davanti alla prefettura di Torino.
I parlamentari hanno incontrato responsabili e operatori del centro e hanno visitato sia i blocchi detentivi sia le 12 celle chiamate “ospedaletti” dove sono ristrette le persone più fragili e dove si è suicidato Moussa Balde. In alcuni casi è difficile comprendere come una persona possa essere dichiarata compatibile con la detenzione in un Cpr, viste le critiche condizioni di salute. Alcuni ospiti continuano ad essere trattenuti nel cpr con una assistenza sanitaria precaria e discontinua, anche a causa del taglio generalizzato delle risorse deciso dai decreti sicurezza di Matteo Salvini. Quei decreti hanno ulteriormente aggravato le condizioni dei Cpr, il presidio medico è stato ridotto ad appena 5 ore al giorno a fronte di oltre 120 persone, così come l’assistenza psicologica, ridotta a poche ore settimanali. L’assistenza psichiatrica è invece, sostanzialmente, assente.
La quotidianità nel Cpr è fatta di lunghe attese, senza la possibilità di svolgere attività lavorative, di studio o di svago. Agli ospiti, per motivi di sicurezza, è vietato tenere con sé quasi tutto, a cominciare dai telefoni cellulari, ma anche quaderni e penne. All’interno dei blocchi detentivi c’è un televisore, i letti ancorati al pavimento e pochi suppellettili.
Le telefonate avvengono solo tramite cabine telefoniche, utilizzando schede telefoniche, che nella società libera si trovano solo nei mercatini dell’antiquariato, ma che nel cpr diventano l’unica possibilità di contatto con il mondo, sempre che si abbia a disposizione denaro a sufficienza per acquistarle.
Vite sospese in attesa di un rimpatrio che, nella maggior parte dei casi, non avviene.
Una situazione paradossale che crea frustrazione, tra gli ospiti del Cpr, ma anche tra gli operatori.
Il rispetto della dignità umana e del diritto umanitario sono il primo strumento di tutela della sicurezza collettiva, il rischio di luoghi come questi è produrre esasperazione che rischia di trasformarsi in rabbia.