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Furia: estendiamo la platea dei 200 euro contro l’inflazione anche a dottorandi e assegnisti di ricerca

Ringrazio la Repubblica Torino per la diffusione della richiesta di estendere la platea dei 200 euro contro l’inflazione anche a dottorandi e assegnisti di ricerca.
Per la prima volta leggo da qualche parte che non sia una nota dell’ADI (la meritoria associazione di rappresentanza della categoria) che gli assegnisti 1) esistono 2) non hanno scatti stipendiali né welfare aziendale 3) non hanno prospettive sicure anzi 4) sono pagati 21.000 euro annui lordo azienda.
Spero si legga forte e chiaro
Paolo Furia, segretario regionale PD Piemonte
Gli extraprofitti delle imprese energetiche vengono giustamente tassati e redistribuiti sotto forma di 200 euro per tutte le categorie di lavoratori, pensionati e disoccupati che percepiscono meno di 35000 euro di reddito/pensione lordi.
Mancano gli assegnisti di ricerca e i dottorandi: perché il loro reddito è esente irpef, sono iscritti alla gestione separata e ciò che li contraddistingue è non essere considerati lavoratori, anche se lavoriamo, e pure tanto. A fronte di una misura che salvaguarda i redditi fino a 35.000 euro lordi mensili, noi che a trenta, trentacinque anni, iper qualificati e inseriti in un contesto di eccellenza super competitivo a livello globale, percepiamo 21.000 euro lordi (i dottorandi, che hanno 25/28 anni, meno) siamo dimenticati strutturalmente a causa di quella famosa legge Gelmini del governo del centrodestra di 15 anni fa, che ha insediato in università un precariato pesante, invisibile, sottopagato.
Un motivo ci sarà se dall’Italia, dicono i numeri, più laureati se ne vanno di quanti non ne arrivino.
Ho posto la questione ai vertici del nostro partito, che già hanno fatto molto per allargare il Bonus 200 euro a disoccupati più colpiti di altri dall’aumento dei costi dell’energia e delle bollette. Ho trovato la giusta sensibilità e sono convinto che ci arriveremo, a difendere una generazione di giovani competenti che rischiano, di qui a poco, di andare a chiedere i 200 euro ai loro genitori pensionati anziché di prenderli come lavoratori riconosciuti tali dallo Stato.