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Dipartimento Cultura

Attenzione agli stati d’emergenza: la cultura non va gestita come un terremoto

Nota di Francesca CILLUFFO Responsabile Dipartimento Cultura PD Piemonte

Sono 232 gli istituti italiani di cultura che rischiano di morire se oggi il Presidente Napoletano firmerà il decreto legge con la manovra finanziaria da 24,9 miliardi.  In Piemonte sono coinvolti il Comitato nazionale per il centenario della nascita di Cesare Pavese, l´Accademia delle Scienze di Torino, le Fondazioni Gramsci, Einaudi, Rosselli, il Centro studi Pietro Gobetti, il Centro ricerche archeologiche e scavi di Torino, la Fondazione Carlo Donat-Cattin e la Società di studi valdesi di Torre Pellice.

Anche l’Italia e il Piemonte devono reagire e affrontare la crisi economica ma siamo sicuri che questo sia il modo giusto? Siamo sicuri che colpire la cultura in modo indiscriminato, senza analisi di efficienza sia la soluzione?

Sono d’accordo con chi, in alternativa, suggerisce di stabilire priorità, bilanci certificati e Cda indipendenti. Potrebbero essere alcune formule concrete per fare ordine ed evitare sprechi. Inoltre, se vogliamo che la cultura non pesi troppo sulle spalle dello Stato, è giunto il momento di attivare un sistema di incentivi fiscali che favoriscano un armonico intervento da parte dei privati. La cultura ha bisogno di riforme strutturali e non manovre d’urgenza.

La situazione è quanto mai buia perché invece di elaborare strategie di adattamento in una società sempre più incerta, affrontiamo tutto come se ogni giorno fossimo davanti ad un terremoto. La cultura come le infrastrutture, l’educazione o i cambiamenti del sistema del mercato necessitano di investimenti a lungo termine, di una pianificazione quanto più possibile chiara, a cui collegare strategie di lungo periodo e azioni quotidiane. Cerchiamo di orientarci basandoci sulla conoscenza, sperimentando, ma senza fare e disfare inutilmente, lo spreco più grande.

Il nostro patrimonio artistico, frutto di tante energie e passione, è una delle cose non possiamo delocalizzare. La globalizzazione ci impone di tutelarlo e valorizzarlo. Tutto il mondo ce lo invidia, perché non abbiamo ancora capito seriamente che potremmo utilizzare la cultura, anche economicamente, per vivere meglio?

Tagliare i nostri archivi e la nostra memoria è controproducente anche in termini di rapporto costi/benefici: un beneficio minimo a fronte di una perdita enorme. Se i soldi utilizzati dalla protezione civile per emergenze inesistenti fossero stati meglio gestiti forse ora non avremmo creato uno stato di emergenza per le istituzioni culturali.