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PAOLO FURIA: «PD E SOCIETÀ CIVILE, PRIMARIE INSIEME PER IL CANDIDATO»

su Corriere Torino del 6 gennaio 2020 di Giulia Ricci

Il segretario dem piemontese: «A Milano Sala le ha fatte». E su Appendino: «Ha fatto troppe promesse. Ora patisce un brusco risveglio. C’è chi ha provato a tenderle una mano, certo, ma l’aiuto uno se lo deve meritare. Da lei nessun segnale»

«Nessuno è autosufficiente. La mia idea per le Comunali del 2021 sono primarie tra candidato politico e candidato civico, com’è successo a Milano con Beppe Sala». Il segretario regionale del Partito Democratico, Paolo Furia, guarda alla scadenza con una strategia chiara: i dem non possono permettersi che a intercettare la società civile sia la sindaca Chiara Appendino, che non esclude più di potersi ricandidare a Palazzo Civico. E sulla fuga dal Movimento 5 Stelle, Furia è secco: «Ha alzato troppo le aspettative. Non vedo buone idee per il 2020».

Segretario, come valuta la situazione del vostro alleato nazionale tra espulsioni e fughe?
«Stanno perdendo consenso in maniera vertiginosa, e, un po’ come sta succedendo in Forza Italia, si attiva una dinamica di implosione con reciproche accuse. Emergono contraddizioni che in altri tempi non erano state affrontate».

Quali contraddizioni?
«La prima e più importante è la totale assenza di identità politica, in un Movimento che ha alcuni membri che vanno talmente a destra da volere il decreto sicurezza, alla sinistra che vuole la pubblicizzazione delle autostrade».

E ora?
«Non gli resta da capire se riusciranno a superare la contraddizione interna attraverso una scelta».

Una scelta a sinistra?
«Stare con noi significa certamente fare una scelta di campo chiara».

Stesso problema a Torino, dove un ennesimo consigliere ha abbandonato il M5S?
«A Torino è tutta un’altra storia, secondo me. Qui il problema è che la sindaca Appendino ha gonfiato le aspettative, senza tener conto di quanto la Città sia oggettivamente in una situazione difficile».

Troppe promesse?
«Più che altro, difficili da mantenere. Lei ha avuto la colpa di aver fatto credere a tutti che ci eravamo infilati in un bel guaio solo per colpa dell’ex sindaco Fassino, e ha creato su di sé un’aspettativa sproporzionata rispetto a quello che avrebbe potuto fare».

E adesso?
«E adesso paga il brusco risveglio di una fiducia mal risposta. Ritrovandosi con un solo voto per avere la maggioranza».

Appendino, però, ha definito questo appena iniziato “l’anno del rilancio”…
«Non mi sembra ci siano grandi novità nei suoi progetti per il 2020. Ad esempio i 500 dipendenti che devono essere assunti fanno parte di un piano nazionale sbloccato in presenza di un numero altissimo di pensionamenti. E i 50 milioni per le manutenzioni stradali? Vivaddio».

Non pensa che quei soldi potessero essere usati almeno per un progetto più vasto?
«Non conoscendo l’alternativa, non lo so. Anche perché mi ritrovo a pensare che il più brillante nella progettualità fosse il vicesindaco Montanari, cacciato via: aveva idee completamente opposte alle mie, ma almeno ne aveva».

Qualcuno del suo partito, però, propone di lanciare un “salvagente” ad Appendino.
«Dovrebbe meritarselo. Ma non mi pare di aver colto alcun segnale di apertura da parte sua».

E cosa pensa della sindaca ricandidata in salsa civica?
«Penso che come Pd falliremmo se lasciassimo a lei lo spazio per interpretare le nuove dinamiche civiche che si stanno affacciando e si affacceranno nel 2020».

Il Pd come può interpretare quelle dinamiche?
«Dobbiamo intensificare le relazioni con la città sotto due aspetti: la raccolta delle istanze e la costruzione del progetto. Per la parte dell’ascolto, gli altri non ci sottovalutino: siamo gli unici radicati in tutti i quartieri con i nostri circoli e li amministriamo attraverso le Circoscrizioni».

E il progetto?
«Dobbiamo capire cosa potrà essere davvero Torino nel 2030 e puntarci: l’automotive con elettrico e idrogeno, la trasformazione culturale, l’economia dei servizi, l’accademia? Ci sono scommesse che devono essere messe a sistema, se no rimangono intuizioni che vanno avanti nel loro piccolo. E poi ci sono le alleanze».

Come ci si allea con le civiche che stanno nascendo?
«Non siamo autosufficienti. Ma nemmeno loro. Ecco perché dobbiamo sederci tutti intorno ad un tavolo e decidere insieme il futuro per Torino».

Ma come si supera la dicotomia tra candidato civico e politico?
«Ci sono le primarie. Ovviamente è un’idea da discutere per tempo e con gli organismi torinesi. La società civile non le vuole? L’attuale sindaco di Milano, Beppe Sala, le ha fatte. Perché non farle anche a Torino?».